I tre
piani del lavoro |
Ovviamente non tutti
saranno
toccati
contemporaneamente da queste trasformazioni. L'ambiente
non cambia con la stessa velocità per tutti. Mentre a una parte della
società si richiede più
disponibilità a imparare e a cambiare, un'altra
parte è destinata alla
pura
esecuzione, alla
dequalificazione per fare di tutto,
magari nella
precarietà.
“I contratti atipici, in
molti Paesi, si già
traducono nella riduzione dei diritti”
aggiunge
Susanna Camusso, segretario generale della Cgil Lombardia. «In futuro
sarà ancora più necessario
aumentare la comunicazione e la solidarietà
fra i lavoratori». |
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La
divisione del lavoro
si articolerà su 3 piani: |
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Al
primo, i
dequalificati (in
concorrenza con gli immigrati) sono ancora
inseriti nella
vecchia organizzazione del lavoro,
la catena di
montaggio. Una specie di
caserma con molte
gerarchie:
ciascuno
partecipa
in modo
ripetitivo solo
a una parte del processo produttivo, magari col posto fisso,
ma con molta
insoddisfazione.
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 L'altro
piano è quello dei
servizi.
Qui il lavoro è
simile a un'orchestra
sinfonica. Ogni musicista, anche se solo
esegue un
brano
assegnato dal
direttore d'orchestra, sa suonare il proprio strumento e deve avere
le competenze giuste e l'emotività necessaria: se,
per
esempio, comprare un
frigorifero
non
richiede il
contatto personale con chi l'ha
costruito, quando
invece si
acquistano
azioni in banca
il contatto è
decisivo per
la
fiducia nell'acquisto”.
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 Il
terzo piano è quello dei lavori creativi,
fortemente intellettuali
e per i quali si devono avere
doti di
autonomia.
Qui l'ambiente lavorativo è
come un gruppo jazz, dove
ognuno è responsabile
delle sue funzioni, porta avanti un progetto e il direttore è un leader che
coordina,
motiva,
dirime i
conflitti,
assegna i progetti
in base alle
capacità dei
suoi colleghi
considerati più come
collaboratori che
sottoposti.
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