GIOVANI A 40   disoccupazione   lavoro  glossario

Giovani e lavoro

Giovani sempre più marginali, anche gli ingegneri si accontentano dei lavori umili

Con la crisi sono stati espulsi dal mercato del lavoro 1,8 milioni di giovani.
Neet in aumento: nel 2013 arrivano a 2,4 milioni.
Il 34,2% degli under 34 è "sovraistruito per il lavoro che svolge".
Ma in 94.000 negli ultimi cinque anni hanno lasciato l'Italia

Tra il 2008 e il 2013 sono stati espulsi dal mercato del lavoro 1.803.000 giovani tra i 15 e i 34 anni: il tasso di occupazione giovanile è sceso di 10 punti, dal 50,4% all'attuale 40,2%, con una differenza importante tra uomini (45,5%) e donne (34,7%), e tra Nord (50,1%) e Sud 27,6%).

Nel 2013 i giovani non occupati e non in formazione (Neet) sono arrivati a 2,4 milioni, oltre mezzo milione in più rispetto all'anno precedente. Quelli che sono riusciti a conquistare un posto nel mercato del lavoro, spesso devono accontentarsi di un posto che richiede qualifiche di gran lunga inferiore rispetto alle loro: "I laureati sono stati più protetti dalla crisi - spiega Linda Laura Sabbadini, direttore del dipartimento per le statistiche sociali e ambientali dell'Istat - ma sono anche costretti ad accettare lavori con mansioni di livello inferiore, e questo non riguarda soltanto le lauree meno richieste dal mercato, ma anche i laureati in ingegneria".

In aumento part-time involontario e sottoccupazione. Il 21,3% dei 15-34enni lavora a orario ridotto, ma si tratta nei tre quarti dei casi di part-time involontario, con un forte aumento rispetto al periodo precedente alla crisi. Moltissimi giovani sono costretti inoltre ad accettare un lavoro inferiore rispetto alle loro qualifiche : nel 2013 la sovraistruzione riguarda il 34,2% dei giovani. Il fenomeno riguarda tutti gli under 34, ma penalizza soprattutto i laureati in scienze sociali e umanistiche e quelli in scienze economiche e statistiche.

Giovani e lavoro 1

La fuga all'estero. Non bisogna stupirsi dunque che nel 2012 hanno lasciato l'Italia oltre 26.000 giovani, 10.000 in più rispetto al 2008; in totale, ad andarsene negli ultimi cinque anni sono stati 94.000. Le principali mete sono il Regno Unito, la Germania e la Svizzera, mentre al di fuori dell'Europa i Paesi preferiti sono gli Stati Uniti e il Brasile.

Ma vanno via anche gli over34. A fuggire all'estero comunque non sono soltanto i giovani. Nel 2012, rileva l'Istat, "il numero di emigrati italiani è pari a 68.000 unità, il più alto degli ultimi dieci anni, ed è cresciuto del 35,8% rispetto al 2011". Non si va solo all'estero: l'emigrazione è anche dal Sud al Nord dell'Italia.

La laurea è ancora un paracadute. Tuttavia, con tutti i problemi legati al mismatch, la laurea in Italia rimane ancora un paracadute, anche per i giovani che sono la categoria più maltrattata dal mercato del lavoro. Tra gli uomini di 30-34 anni l'80% di laureati o diplomati è occupato contro il 67,4% di quelli che si sono fermati alla licenza media.

Giovani e lavoro 2

Il 52,5% dei giovani under 25 italiani ha un contratto di lavoro precario.  La percentuale è nettamente superiore agli anni pre-crisi (42,3% nel 2007) ed è quasi doppia rispetto al 2000 (26,2%).  In particolare, sempre secondo i dati Ocse per il 2013, il 36,3% degli under 25 italiani occupati resta nel suo posto di lavoro per meno di 12 mesi. Percentuale che sale al 40,2% per le giovani donne. 

Ma cosa è realmente il lavoro precario? Il precariato è ormai quasi più una condizione esistenziale che una semplice forma di contratto lavorativo. Anche perché di contratti che si possono definire "a termine" ne esistono moltissimi, in vari settori e di diversa natura. I principali sono il contratto a progetto (quello che un tempo era il famoso co.co.co.), il contratto a tempo determinato (che, per il tempo della sua durata, almeno in genere offre le stesse garanzie di quello a tempo indeterminato) e le cosiddette finte partite IVA (che nella quasi totalità dei casi un contratto non ce l'hanno neanche). Ci sono poi tirocini, stage, contratti di inserimento, apprendistato e così via, tutte forme caratterizzate dall'elemento comune della mancanza di continuità del rapporto di lavoro (e spesso di adeguate condizioni lavorative) che porta all'insicurezza economico-sociale e all'impossibilità di poter progettare un futuro per il lavoratore.

Oltre a non avere la certezza del posto di lavoro, per i precari quasi sempre c’è anche uno stipendio più basso dei colleghi con il posto fisso, un divario che con il passare degli anni sembra allargarsi sempre di più. Come rivela uno studio dell’Isfol infatti nel 2013 la differenza tra i due salari è salita in media del 28%, con i lavoratori a tempo determinato che difficilmente riescono a raggiungere i mille euro mensili. Dato che non sorprende visto che l’anno scorso l’aumento medio per i dipendenti precari è stato in media solo di un euro al mese. Nel 2012 ad esempio per i dipendenti a tempo determinato il salario medio è stato di 945 euro, a fronte dei 1313 euro per i lavoratori a tempo indeterminato. Come ha spiegato il direttore generale dell’Isfol, Aviana Bulgarelli, il motivo principale è che “indipendentemente dall’età il salario medio dei lavoratori temporanei rimane sotto i mille euro, mentre il livello retributivo medio dei dipendenti permanenti passa da poco più di 900 euro nella classe di età 15-24 anni ai quasi 1500 euro nella classe 55-64 anni”.

Giovani e lavoro 3                                            Giovani e lavoro - parole 1                                           Giovani e lavoro 2