Sono arrivato a Firenze quasi cinque mesi fa, alla fine di ottobre 2014. Vengo dalla Romania, da un piccolo paese vicino a Temesvar. Ho sempre vissuto là con la mia famiglia, mi sono sposato, ho avuto due figli. Ho 25 anni. Sono venuto qui con mia moglie, mentre i miei due figli di sette e sei anni sono rimasti a casa insieme a mia madre. Lei ha 43 anni, è malata al cuore, dovrebbe operarsi ma ci vogliono dei soldi, ci vogliono tremila euro. Anche mio fratello più piccolo per ora è rimasto a casa. In Romania non si trova lavoro, non si riusciva a fare niente. Anche altri dal mio paese sono venuti in Italia, in tanti partono per provare a cercare lavoro, una situazione migliore. |
Io vorrei lavorare, come imbianchino, come giardiniere, come stalliere. Anche qui è difficile, ma un po’ meglio. Però se trovo lavoro, potrò mandare dei soldi in Romania; anche ora li mando ma pochi. Adesso chiedo l’elemosina. Oggi ero al centro commerciale, ma dopo un po’ la guardia mi ha mandato via. Allora sono sceso nel parcheggio, sono stato lì tutta la mattina e ho guadagnato tre euro. Tre euro: un panino. Da quando sono arrivato ancora non ho riuscito a trovare nessun lavoro. È difficile anche cercare. Quando sono arrivato a Firenze non conoscevo nessuno. Siamo arrivati qui una mattina e subito ho costruito una baracca, perché non avevo un posto dove stare insieme a mia moglie. Abbiamo passato tutti questi mesi nella baracca, ma non c’erano altre scelte. Abbiamo paura che ci mandano via, non possiamo stare là. Ogni tanto passa la polizia a fare controlli, forse è la gente che la chiama. Ci sono anche altri come noi. Tutti che abitano nelle baracche. I vestiti che ho me li hanno dati i volontari di un’associazione. Con i soldi delle elemosine posso solo comprarmi qualcosa da mangiare e le sigarette. Anche mia moglie chiede l’elemosina. Davanti alle chiese, nei centri commerciali, per strada. Molte persone non ti guardano nemmeno. Nei posti dove vado più spesso con qualcuno ho fatto amicizia. Se uno mi riconosce, magari si ferma a parlare. Un signore mi ha portato dei vestiti suoi. Me li ha regalati. |